I passi sulla testa

TUM

Le sette.

È buio. Sono già le sette di sera.

Mai successo. Tutto il pomeriggio ore e ore sotto la coperta.

Non me la ricordo una stanchezza così pesante.

Tanta fatica solo per spostare un po' di libri.

Non è fatica. E quando una cosa non ti va di farIa.

Cinque minuti. Cinque minuti e mi alzo.

Ma chi sa se era lui.

Certo che era lui. E chi se no?

Era lui Elio Vittorini lo scrittore. Non c'è dubbio.

A chi lo racconto che qua è venuto Vittorini.

Ma tu non vedi nessuno. A chi lo dici al fornaio al fruttivendolo.

TUM

Stretti amici no. Però era il mio maestro.

Lui no non lo sapeva ma che c'èntra è normale.

Non è che di punto in bianco prendi su e dici a uno scrittore che ammiri, se permette la nomino mio maestro.

Né succede che lui ti proclami suo allievo.

Di solito capita un'altra cosa. Un giovane aiuta uno scrittore affermato, gli fa dei piaceri, va alla posta, compila delle schede, tiene in ordine le carte, insomma si rende utile. Così di fatto diventa un allievo. Anzi il numero uno.

TUM

A dire la verità, mai ho pensato che Vittorini fosse un collega.

C'era rispetto. Un po' di pudore c'era.

Sì, non capisco perché mai

Perché Vittorini è venuto da me. Qui.

lo ce l'ho una mezza idea.

 

TUM

Come ha fatto Vittorini come è entrato non lo so. Non me ne sono accorto. Ad un certo punto l'ho visto. Era laggiù oltre i piedi del letto, vicino alla porta, tale e quale preciso e       parlante.

Parlante muto.

lo so l'inglese muto, Vittorini mi confidò.

Eravamo ad un convegno a Reggio Emilia. A teatro. Io sedevo al suo fianco. Beato di essere visto al suo fianco.

Sorrise divertito e avvicinò la testa.

Non avevo con chi parlarlo. I fascisti non lo sapevano l'inglese.

Perciò hanno perso la guerra.

La battuta mi venne ma non la dissi.

Mi venne di dirla più tardi, ancora a proposito di inglese muto e fascismo.

Lasciai stare. Non era più una battuta.

TUM

No.

TUM TUM TUM TUM TUM TUM

In soffitta non c'è nessuno.

E questo perché mai

Proprio qui sopra.

TUM

TUM

TUM

TUM

TUM

Eccolo. Passeggia regolare come a casa sua.

Marcia.

TUM

Ma non lo senti? Sembra il passo del carcerato.

TUM

TUM

Come mai ti viene in mente il passo del carcerato.

In giardino. Alle elementari.

Qualche volta lo facevamo al posto del passo romano.

TUM

Ce lo faceva fare il maestro Zini.

Quello che andò militare senza finire l'anno.

TUM

Uno due tre-e-quattro lento vai con gli occhi in giù le mani dietro sul sedere

piega il busto di qua e di là

TUM TUM TUM TUM

gambe dritte e piedi in fuori

TUM TUM TUM TUM

uno e due ho hop

uno e due ho hop

uno due tre-e-quattro.

TUM

Nell'ora d'aria i carcerati esperti navigati imparano a marciare in cadenza e a poco a poco non si accorgono più di camminare.

Vanno per inerzia come un'auto in folle.

TUM

L'effetto è che la testa si stacca dal corpo oltrepassa i cancelli e le sbarre e pensa in libertà.

TUM       TUM       TUM                  TUM

Ma quale passo del carcerato.

È meglio non dirlo non lo voglio dire però pare che

Non si sente per niente il secondo passo.

Ha qualche cosa. Fatica a camminare.

La camminata normale fa uno due uno due uno due uno due destro sinistro alternati.

TUM    TUM    TUM

TUM    TUM    TUM

L'uno il primo è deciso pesante. Sposta il peso del corpo e lo fa avanzare.

TI secondo sembra uguale ma è più leggero. Fa uno sforzo minore. Più che altro aiuta a sostenere tenere in equilibrio il corpo.    

Invece lui qua sopra fa uno uno uno uno uno uno uno

TUM TUM TUM TUM TUM TUM TUM

Il piede che pesta forte è uno solo.

L'altro può essere una protesi. Perché no.

Se uno è zoppo non c'è niente di male.

Insomma il piede della gamba rigida si sposta con il movimento circolare della falce. Ruota leggero e non si sente nemmeno.

La falce non si sente.

Zitto può darsi che abbia smesso.

Lascialo fare.

TUM lo fa anche una stampella con la punta imbottita.

Lo fa anche un tamburo.

Macché tamburo.

(pp. 16-21)

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