Il medico della mutua
Feltrinelli, Milano, 1964, pp. 191 (ristampa Feltrinelli, 1966; Progress, Moskva, 1967; Garzanti, Milano, 1970; Bompiani, Milano, 1973; TEN, Roma, 1993; Bompiani, Milano, 2003)
Romanzo comico e "divertente" sull'assistenza medica e sul commercio dei malati in Italia, Il medico della mutua è anche, come ha sostenuto lo stesso autore, un'"avventura narrativa" che nasce dal tentativo di agganciare il lettore a problemi di interesse generale. Qui il medico vive e incarna, con cruda evidenza, alcune contraddizioni del nostro tempo: da un lato vanta il nobile ruolo umanitario e sociale della sua missione, dall'altro si serve del suo privilegio per trasformare la sua missione in affarismo.
Questo romanzo propone una figura di medico del tutto opposta a quella tradizionale. Non più il medico umanista, tutto dedito alla missione che vive e incarna le contraddizioni fondamentali della nostra società: da un lato il valore sociale, pubblico della sua opera, dall'altro una mentalità e un'educazione individualistiche e la coscienza di un privilegio. Costretto tuttavia al compromesso con le mutue, il medico punta subito alla quantità più che alla qualità del suo lavoro. Si determinano così situazioni assurde, paradossali: il commercio dei mutuati, la creazione artificiosa del malato, la lotta spietata per la concorrenza. Il romanzo narra così, secondo molti piani, distesi, vicini a quelli della nostra più recente cinematografia, la storia di un giovane medico che vuole "arrivare": conosce bene l'ambiente, apprende la "tecnica mutualistica", cioè il modo di formarsi un portafoglio di mutuati e di amministrarlo dalle cupidigie dei colleghi, e così riesce rapidamente a far carriera. Attraverso pagine impassibili e insieme estremamente saporose, attraverso uno spaccato che getta una luce impietosa su un mondo altrimenti inaccessibile ed estremamente geloso di sé, si delinea un personaggio che a buon diritto si allinea nella galleria dei tipi della società che ci circonda e che insieme presenta questa novità: non si ribella, è perfettamente inserito, è una colonna del suo ambiente, in altri termini un personaggio "positivo".
(dalla quarta di copertina)
Note: dal romanzo è stato tratto nel 1968 il fortunato omonimo film di Luigi Zampa, con protagonista Alberto Sordi (vd. scheda).
Critica
A differenza della versione cinematografica che ne ricavò nel 1968 il regista Luigi Zampa per una memorabile interpretazione di Alberto Sordi, il romanzo Il medico della mutua di Giuseppe D'Agata, più che sulla comicità e sulla satira di costume, gioca abilmente tra le luci (poche) e le ombre (molte) che caratterizzano i protagonisti, e soprattutto
stigmatizza una realtà sanitaria in esplosione, viziata da trame occulte e da risvolti grotteschi, e non priva di un sottofondo amaro e di veri e propri drammi di coscienza ed esistenziali. Anche se il racconto è ambientato alla fine degli anni '50, subito dopo il boom dell'assistenza mutualistica, l'impianto resta estremamente attuale, nelle sue situazioni, nei commenti tra le righe dal tenore tragicamente cinico e nella puntuale sottolineatura di alcune contraddizioni dei "tempi moderni". La nobile opera umanitaria e sociale della "missione" medica si trasforma riga dopo riga, pagina dopo pagina, in un affresco crudo e sferzante dei costumi della nostra società, ben colto nella figura del professionista inizialmente intimidito ed in seguito sempre più suo agio nel servirsi dei propri privilegi (veri o presunti) per trasformare la sua missione in affarismo ed arrivismo, passando sopra senza scrupoli all'etica professionale, ai sentimenti familiari, e non esitando ad "usare" la famiglia, la fidanzata, la Clinica, i colleghi, ed infine la vedova di un ricco medico, al fine di poter ereditare un patrimonio di pazienti mutuati.
Con uno stile asciutto e solo apparentemente distaccato, Giuseppe D'Agata lascia al lettore lo spazio per i propri commenti e le proprie riflessioni. Passano così sotto i nostri occhi situazioni tanto realistiche quanto satiriche ed amare: la compravendita dei mutuati, i privilegi a favore dei pazienti "paganti", la creazione artificiosa della malattia e dei malati, lo sfruttamento della mutua come nuova istituzione che ha sostituito l'attività libero-professionale dei sanitari, la lotta senza esclusione di colpi e senza rimorsi con la "concorrenza", ma anche con i propri stessi sentimenti, quotidianamente messi da parte o calpestati in funzione di un opportunismo sempre più opprimente. Nel romanzo, il medico incarna, con cruda evidenza, numerose contraddizioni del nostro tempo, di un'Italia meschina, proprio negli anni in cui il "boom" economico sembrava non porre alcun limite ai cittadini ed al Paese da poco risollevatosi dai lutti e dalla miseria della guerra. Mentre non cessa di vantare il nobile ruolo sociale ed umanitario della "missione", il "medico della mutua" fa un uso spietato della sua posizione e del suo opportunismo per trasformarsi in un cinico affarista, che al termine del libro rimane però vittima del castello da lui stesso artatamente costruito. Il brano riportato nelle pagine seguenti vede il protagonista muoversi ancora incerto nel corso della prima visita domiciliare della sua, inizialmente timida, carriera. Ma già qui si trovano in embrione le scelte che caratterizzeranno la vita e l’arrembante ascesa del personaggio, che dopo le esitazioni iniziali si muoverà in modo sempre più disinvolto, aggressivo e senza scrupoli. Il “Medico della Mutua” diviene così un archetipo della nostra società, è un uomo grande fuori ma piccolo dentro, che sfrutta ogni privilegio che la professione gli offre per scalare la società e per assicurarsi un ricco “parco” di mutuati da amministrare e da difendere ad ogni costo dall’invidia e dalla cupidigia dei colleghi. Il romanzo, ambientato nella realtà cittadina bolognese vissuta in prima persona come medico e come scrittore (i riferimenti, seppure abilmente occultati dall’autore utilizzando nomi e luoghi di fantasia, non possono sfuggire a chi a Bologna vive e lavora), è il capolavoro di un narratore di un giallista, di un critico d’arte, di uno sceneggiatore (chi non ricorda il serial televisivo “Il segno del Comando”?); in breve, il capolavoro di un collega eclettico; e la sua lettura non può non lasciare una traccia indelebile e un groppo in gola in chiunque eserciti una professione sanitaria. Il libro coglie un ventaglio di aspetti molto ampio ed articolato, e merita riflessione ed autocritica, sull’onda delle cronache di scandali che coinvolgono ancora, troppo spesso, il mondo della Sanità. L’amarezza che traspare da ogni pagina di Giuseppe D’Agata ha radici profonde nelle leggi non scritte dell’ipocrisia e chiama l’intera società ed in particolare gli operatori delle professioni mediche (cui sarebbe richiesta un’etica ancor più stringente) ad essere sempre più vigili ed solleciti all’essere, piuttosto che all’apparire. Giunto all’ultima pagina, al lettore non rimarrà che tentare l’effimero conforto di un triste sorriso, a lenire scetticismo ed impotenza di fronte a una realtà magistralmente narrata ma anche, ogni giorno, dolorosamente vissuta.
Roberto Manfredi (sez. Malattie Infettive, Dipartimento di Medicina Clinica Specialistica e Sperimentale, Univ. Alma Mater Studiorum, Policlinico S. Orsola, Bologna), Luci ed ombre di una professione ne “Il medico della mutua”, di Giuseppe D’Agata, «Recenti Progressi in Medicina», vol. 95, n. 7-8, luglio-agosto 2004, pp. 388-390.
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